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SPREAD: Cos’è e quali sono i suoi effetti sulla ricchezza degli italiani?

28/11/2019

Negli ultimi anni un termine ignoto e sconosciuto si è progressivamente insinuato nelle nostre vite: stiamo parlando del temutissimo spread.
Per trattare l’argomento bisogna fare un passo indietro nel tempo e tornare a circa 10 anni fa.

Gli effetti della crisi economica del 2008, infatti, non hanno tardato a farsi sentire nel Vecchio Continente ed hanno causato le preoccupazioni maggiori all’interno delle economie meno solide dell’area Euro. Tralasciando gli effetti catastrofici sull’economia greca, l’Italia è stata senza dubbio una dei
Paesi più colpiti dalla crisi. Sono stati in molti ad additare il Belpaese - non senza esagerare - come il vero malato dell’Europa ed il termometro per misurare la gravità della patologia, almeno da un punto di vista dei media, è stato proprio lui: lo spread.

Ma cos’è davvero e, soprattutto, perché le sue ricadute influenzano le tasche degli italiani?
Proverò a rendere più accessibili questi concetti.

Fin dai primi tempi la definizione di spread è stata offerta al grande pubblico su tutti gli organi di informazione. Televisioni, giornali, siti e blog ci hanno fornito una chiave di lettura unanime: lo spread indica il differenziale di rendimento tra due titoli - azioni, obbligazioni, titoli di Stato. Nel caso dei titoli di Stato il termine di paragone è il Bund (titoli di Stato tedeschi a 10 anni) vista la loro solidità e la forza dell’economia teutonica.

In altre parole, quando lo spread di un Paese europeo sale significa che - a parità di tassiufficiali fissati dalla Bce per tutti - quel Paese è costretto a pagare interessi sul debito più elevati rispetto alla Germania perché gli investitori lo considerano meno affidabile.
Abbiamo già visto come funzionano i tassi, no? Maggiore è il rischio, più alto sarà il tasso d’interesse.

Ad un occhio poco esperto in questioni finanziarie, il verificarsi di questa situazione sembrerebbe riguardare principalmente lo Stato strettamente inteso, nel senso di entità politica e giuridica, espressione organizzata della vita civile di una comunità nell'ambito di un dato territorio, sul quale esercita il potere sovrano.

Sembrerebbe, appunto.

In realtà a pagare il prezzo di questa situazione sono i cittadini, in primis i titolari delle imprese.

Ma perché?

Il motivo è logico: infatti, se sale lo spread sui titoli di Stato crescono anche i tassi d’interesse che le banche devono pagare per reperire finanziamenti sui mercati. E se le banche sono costrette a pagare tassi più elevati - in maniera anomala - girano a loro volta questi costi sui nuovi prestiti alla clientela, quindi principalmente a chi ha maggior bisogno di liquidità: le imprese.

Quindi è così che lo spread nasce nella grande finanza, ma finisce sulla pelle degli italiani.

In uno studio condotto dalla Banca d’Italia nel 2013, una crescita dello spread tra Btp e Bund di 100 punti base causa un incremento del costo di finanziamento delle banche sui mercati internazionali di 70 punti base in tempi di normalità e di 100 punti base in tempi di crisi.

Secondo una ricerca effettuata da Crif Decision Solutions, società che ha nel suo database dati di famiglie ed imprese, questo aumento dei costi per gli istituti creditizi ha un impatto diretto sui cittadini: nel 2011, infatti, le aziende italiane hanno subito una crescita del costo del debito a breve termine di circa 80 punti base, traducibili in 15 miliardi di euro di oneri finanziari aggiuntivi.

Ecco quali sono, anche oggi, gli effetti dello spread.

Tornando ad 8 anni fa, a causa di questa situazione le banche hanno fortemente limitato l’erogazione del credito, in particolar modo nei confronti delle aziende più deboli, causando una contrazione generale degli utili, della redditività e, conseguentemente, degli investimenti.

Sempre Crif Decision Solutions ha stimato che l’incremento delle rate sui nuovi mutui si è attestato al 4%, riducendone ovviamente la richiesta con un impatto fortissimo sul settore immobiliare - che, come abbiamo visto, rappresenta la maggior sede degli investimenti dei risparmiatori italiani - e, quindi, su tutta l’economia nazionale per gli anni seguenti.

Ma quali sono le cause dell’aumento dello spread e, soprattutto, può la sua crescita influenzare la politica dei singoli Paesi?
Le cause sono molteplici ma riconducono tutte ad una mancanza di fiducia degli investitori nei titoli di Stato dei Paesi direttamente interessati: la vendita a ritmi sostenuti di questi titoli innesca, infatti, tutto il meccanismo che abbiamo descritto, a partire dal primo step, cioè l’aumento dei tassi di interesse sul debito.

Per quanto riguarda l’influenza dello spread sulla politica dei singoli Paesi la risposta è, fondamentalmente, nì. Nel senso che lo spread può essere - e talvolta è a tutti gli effetti - un’arma in possesso dell’Unione europea per riportare a più miti consigli i governi dei singoli paesi aderenti, ma non si attiva direttamente, alla stregua di una sanzione. È piuttosto un effetto scatenato da altre azioni. Per fare un esempio semplificato, se l’Unione europea boccia la Legge di Bilancio presentata dal Governo italiano, come accaduto nello scorso novembre, inevitabilmente gli investitori si comporteranno di conseguenza, innescando tutto il processo. E lo spread inizierà a salire. Tutto ciò, senza contare i danni che avrebbe arrecato l’attuazione di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo da parte dell’UE all’Italia…

Se vuoi saperne di più continua a seguirmi…A presto!