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I contributi che versi ogni anno all’INPS: sai quanto ti rendono?
24/01/2025

Quanto spesso ti capita di analizzare l’estratto conto del tuo portafoglio di investimenti, osservando con attenzione i rendimenti di ciascuna posizione? È un’abitudine naturale, dettata dalla necessità di monitorare le scelte fatte e, se necessario, apportare correzioni. Questo perché, quando si parla di investimenti, i sacrifici fatti meritano un ritorno adeguato. Ogni euro risparmiato, e non speso, dovrebbe crescere nel tempo. Se ciò non accade, sarebbe lecito considerare soluzioni alternative.
Ma c’è una domanda che probabilmente non ti sei mai posto: quanto rendono i contributi previdenziali che sei obbligato a versare ogni anno all’INPS?
È una questione che riguarda una parte importante del tuo reddito, destinata a costruire la tua pensione futura. Se sei un lavoratore dipendente, infatti, per ogni 100 euro che guadagni, circa 33 finiscono all’INPS. Se sei un autonomo artigiano, un commerciante o imprenditore il peso è leggermente inferiore ma comunque rilevante, con circa 25 euro su 100 destinati alla previdenza.
Non si tratta di somme trascurabili: sono soldi che potrebbero essere destinati ad altro, ma che la legge ti impone di versare per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico. Alla fine della tua carriera lavorativa, questi contributi verranno trasformati nella pensione che percepirai. Diventa quindi naturale chiedersi: quanto rendono questi soldi versati per 30 o 40 anni?
La risposta non è immediata, ma vale la pena approfondire. A differenza dei risparmi personali investiti in strumenti finanziari come azioni o obbligazioni, i contributi previdenziali non vengono accantonati in un salvadanaio a tuo nome. Questi soldi vengono utilizzati dall’INPS per pagare le pensioni correnti. In altre parole, il sistema pensionistico italiano funziona su base "a ripartizione", dove i contributi di chi lavora oggi finanziano le pensioni di chi ha già lasciato il mercato del lavoro.
Questo modello implica che i contributi obbligatori non generano rendimenti legati ai mercati finanziari. Non beneficiano della crescita del mercato azionario o obbligazionario, ma si rivalutano in base a un criterio stabilito per legge, collegato alla crescita economica del Paese, misurata dal PIL. Se l’economia italiana cresce, anche i contributi si rivalutano. Se la crescita è limitata, lo stesso accade per il rendimento dei versamenti previdenziali.
Purtroppo, l’Italia non è più quella locomotiva economica che si affermò nel secondo dopoguerra. Negli ultimi decenni, la crescita economica è stata lenta e discontinua, e ciò si riflette direttamente sulla rivalutazione dei contributi pensionistici. Negli ultimi 15 anni, il rendimento medio riconosciuto sui versamenti all’INPS è stato di circa l’1,2% annuo. Un tasso decisamente modesto, soprattutto se confrontato con l’inflazione media nello stesso periodo, pari al 2% annuo.
Questo dato, già di per sé modesto, diventa ancora più problematico se confrontato con l’inflazione, che nello stesso periodo ha registrato una media annua del 2%. In termini reali, il rendimento dei tuoi contributi è negativo: il potere d’acquisto di quei soldi si è ridotto nel tempo. Questo significa che il sistema previdenziale pubblico, così come è strutturato oggi, non garantisce il mantenimento del tuo tenore di vita una volta raggiunta l’età pensionabile.
A questo punto, potresti sentirti in un vicolo cieco. I versamenti all’INPS sono obbligatori e non puoi scegliere di destinarli a un fondo privato più redditizio. È vero: non hai la possibilità di modificare questo aspetto del sistema. Tuttavia, ciò non significa che tu debba accettare passivamente le conseguenze.
La prima e più importante consapevolezza da acquisire è che il rendimento offerto dai contributi obbligatori non sarà sufficiente a garantire una pensione adeguata. Per questo motivo, devi iniziare a pensare a una strategia di risparmio complementare. Destinare una parte dei tuoi risparmi a un fondo pensione o a investimenti mirati può fare una grande differenza.
Qui entra in gioco il ruolo della pianificazione finanziaria. Decidere come e dove investire i tuoi risparmi aggiuntivi è fondamentale. Negli ultimi dieci anni, ad esempio, il mercato obbligazionario ha offerto rendimenti in linea con quelli riconosciuti dall’INPS, poco superiori all’1% annuo. Il mercato azionario globale, invece, ha generato rendimenti medi annui di circa il 4,5%.
Se decidi di destinare 3.000 euro all’anno a un investimento che integra i tuoi contributi previdenziali, il risultato dipenderà dal mercato scelto. Su un orizzonte di 30 anni
Questo esempio dimostra come la scelta del mercato e il tempo giocano un ruolo cruciale. L’effetto della capitalizzazione rende i piccoli incrementi di rendimento annuale estremamente significativi nel lungo termine. Per massimizzare questo effetto, è essenziale affidarsi a un professionista che possa aiutarti a costruire una strategia di investimento solida e personalizzata.
Un consulente finanziario esperto è in grado di analizzare la tua situazione, individuare le risorse da destinare alla previdenza complementare e guidarti nella selezione degli strumenti più adatti. La scelta del mercato, del fondo pensione o dello strumento finanziario può determinare la differenza tra una pensione sufficiente e una che ti consenta di mantenere il tuo stile di vita desiderato.
Investire per costruire una pensione adeguata è una decisione cruciale, che richiede competenze specifiche e una pianificazione strategica. Agire in autonomia può essere rischioso, specialmente quando si affrontano esigenze di lungo termine e scenari complessi.
Per questo motivo, ti invito a contattarmi. Mi dedico da molti anni al tema della previdenza e mi mantengo costantemente aggiornato su ogni aspetto di questa complessa materia. È un impegno significativo, ma necessario per offrire un reale supporto alle persone che si affidano a me. Non dimenticare inoltre di iscriverti alla mia newsletter mensile “Oggi ti parlo di…” per rimanere aggiornato sul mondo finanziario.
Ma c’è una domanda che probabilmente non ti sei mai posto: quanto rendono i contributi previdenziali che sei obbligato a versare ogni anno all’INPS?
È una questione che riguarda una parte importante del tuo reddito, destinata a costruire la tua pensione futura. Se sei un lavoratore dipendente, infatti, per ogni 100 euro che guadagni, circa 33 finiscono all’INPS. Se sei un autonomo artigiano, un commerciante o imprenditore il peso è leggermente inferiore ma comunque rilevante, con circa 25 euro su 100 destinati alla previdenza.
Non si tratta di somme trascurabili: sono soldi che potrebbero essere destinati ad altro, ma che la legge ti impone di versare per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico. Alla fine della tua carriera lavorativa, questi contributi verranno trasformati nella pensione che percepirai. Diventa quindi naturale chiedersi: quanto rendono questi soldi versati per 30 o 40 anni?
La risposta non è immediata, ma vale la pena approfondire. A differenza dei risparmi personali investiti in strumenti finanziari come azioni o obbligazioni, i contributi previdenziali non vengono accantonati in un salvadanaio a tuo nome. Questi soldi vengono utilizzati dall’INPS per pagare le pensioni correnti. In altre parole, il sistema pensionistico italiano funziona su base "a ripartizione", dove i contributi di chi lavora oggi finanziano le pensioni di chi ha già lasciato il mercato del lavoro.
Questo modello implica che i contributi obbligatori non generano rendimenti legati ai mercati finanziari. Non beneficiano della crescita del mercato azionario o obbligazionario, ma si rivalutano in base a un criterio stabilito per legge, collegato alla crescita economica del Paese, misurata dal PIL. Se l’economia italiana cresce, anche i contributi si rivalutano. Se la crescita è limitata, lo stesso accade per il rendimento dei versamenti previdenziali.
Purtroppo, l’Italia non è più quella locomotiva economica che si affermò nel secondo dopoguerra. Negli ultimi decenni, la crescita economica è stata lenta e discontinua, e ciò si riflette direttamente sulla rivalutazione dei contributi pensionistici. Negli ultimi 15 anni, il rendimento medio riconosciuto sui versamenti all’INPS è stato di circa l’1,2% annuo. Un tasso decisamente modesto, soprattutto se confrontato con l’inflazione media nello stesso periodo, pari al 2% annuo.
Questo dato, già di per sé modesto, diventa ancora più problematico se confrontato con l’inflazione, che nello stesso periodo ha registrato una media annua del 2%. In termini reali, il rendimento dei tuoi contributi è negativo: il potere d’acquisto di quei soldi si è ridotto nel tempo. Questo significa che il sistema previdenziale pubblico, così come è strutturato oggi, non garantisce il mantenimento del tuo tenore di vita una volta raggiunta l’età pensionabile.
A questo punto, potresti sentirti in un vicolo cieco. I versamenti all’INPS sono obbligatori e non puoi scegliere di destinarli a un fondo privato più redditizio. È vero: non hai la possibilità di modificare questo aspetto del sistema. Tuttavia, ciò non significa che tu debba accettare passivamente le conseguenze.
La prima e più importante consapevolezza da acquisire è che il rendimento offerto dai contributi obbligatori non sarà sufficiente a garantire una pensione adeguata. Per questo motivo, devi iniziare a pensare a una strategia di risparmio complementare. Destinare una parte dei tuoi risparmi a un fondo pensione o a investimenti mirati può fare una grande differenza.
Qui entra in gioco il ruolo della pianificazione finanziaria. Decidere come e dove investire i tuoi risparmi aggiuntivi è fondamentale. Negli ultimi dieci anni, ad esempio, il mercato obbligazionario ha offerto rendimenti in linea con quelli riconosciuti dall’INPS, poco superiori all’1% annuo. Il mercato azionario globale, invece, ha generato rendimenti medi annui di circa il 4,5%.
Se decidi di destinare 3.000 euro all’anno a un investimento che integra i tuoi contributi previdenziali, il risultato dipenderà dal mercato scelto. Su un orizzonte di 30 anni
- un investimento obbligazionario ti permetterebbe di accumulare circa 107.000 euro;
- lo stesso investimento, se orientato al mercato azionario, potrebbe raggiungere circa 183.000 euro.
Questo esempio dimostra come la scelta del mercato e il tempo giocano un ruolo cruciale. L’effetto della capitalizzazione rende i piccoli incrementi di rendimento annuale estremamente significativi nel lungo termine. Per massimizzare questo effetto, è essenziale affidarsi a un professionista che possa aiutarti a costruire una strategia di investimento solida e personalizzata.
Un consulente finanziario esperto è in grado di analizzare la tua situazione, individuare le risorse da destinare alla previdenza complementare e guidarti nella selezione degli strumenti più adatti. La scelta del mercato, del fondo pensione o dello strumento finanziario può determinare la differenza tra una pensione sufficiente e una che ti consenta di mantenere il tuo stile di vita desiderato.
Investire per costruire una pensione adeguata è una decisione cruciale, che richiede competenze specifiche e una pianificazione strategica. Agire in autonomia può essere rischioso, specialmente quando si affrontano esigenze di lungo termine e scenari complessi.
Per questo motivo, ti invito a contattarmi. Mi dedico da molti anni al tema della previdenza e mi mantengo costantemente aggiornato su ogni aspetto di questa complessa materia. È un impegno significativo, ma necessario per offrire un reale supporto alle persone che si affidano a me. Non dimenticare inoltre di iscriverti alla mia newsletter mensile “Oggi ti parlo di…” per rimanere aggiornato sul mondo finanziario.