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I 4 falsi miti della previdenza

30/11/2020

Gli italiani sono uno dei popoli più longevi del mondo: ad oggi, infatti, l’aspettativa di vita è di 80,5 anni per gli uomini e 85 anni per le donne. I motivi sono molteplici: la dieta mediterranea, l’assistenza sanitaria gratuita, il nostro DNA, ecc. Ma quella che è senza dubbio una buona notizia da un punto di vista generale, rischia di svelare la polvere sotto il tappeto, riguardo ad un tema di sempre più stringente attualità ed urgenza sociale: quello delle pensioni. Occorre considerare infatti che la base demografica del paese è completamente sproporzionata: gli anziani sono molti di più dei giovani. [caption id="attachment_3000" align="alignnone" width="367"]indice di vecchiaia Fonte: Forfinance[/caption]   Ad oggi, per ogni persona in pensione ci sono 1,4 lavoratori attivi… un po’ pochi. Se consideriamo che questo rapporto è destinato ad assottigliarsi fino – verosimilmente – ad invertirsi, si capisce l’importanza e la delicatezza del tema e la necessità di trovare soluzioni alternative a quelle classiche. Ne abbiamo avuto la prima evidenza nel maggio scorso che in concomitanza del lockdown coloro che avevano un impiego lavorativo sono scesi a 22,77 milioni di persone mentre gli assegni pensionistici erogati ammontavano a 22,78 milioni. Facciamo un passo indietro e analizziamo i 4 falsi miti che riguardo il sistema pensionistico italiano.

1 – Andiamo in pensione tardi: FALSO 

In teoria dovrebbe essere così, perché la legislazione vigente prevede che gli uomini vadano in pensione a 67 anni e le donne a 66. In realtà, negli anni sono state introdotte numerose forme di flessibilità che hanno ridotto l’età effettiva di pensionamento. Ultima tra queste la Quota 100: una revisione parziale della Riforma delle Pensioni introdotta nel 2011 durante il Governo Monti dall’allora ministro Elsa Fornero, le cui nuove disposizioni per il pensionamento anticipato stabiliscono un’età minima di 62 anni di età e 38 anni di contributi (per un totale di 100, appunto). Una rivoluzione? Non proprio. Come possiamo vedere dalla tabella sotto su gentile concessione di Kaidan, oltre il 70% degli aventi diritto va in pensione prima dei 65 anni di età. vecchiaia anzianità   In quest’altra vediamo tutte le diverse opzioni disponibili per andare in pensione prima dei limiti di età previsti dalla legge. requisiti pensionamento   Stando ai calcoli dell’OCSE nel 2018, infatti, l’età effettiva di pensionamento in Italia era già di circa 62 anni, ben al di sotto della media degli altri Paesi che fanno parte dell’OCSE.

2 – Per le pensioni spendiamo meno degli altri Paesi: FALSO 

L’Italia è, al contrario, uno dei Paesi più generosi nelle spese messe a bilancio per il sistema previdenziale: in Europa siamo tra i paesi che spendono di più sia in termini di PIL, sia in termini di reddito pro-capite. La spesa pensionistica in Italia è la seconda più alta nei Paesi OCSE, dietro alla sola Grecia. (fonte Osservatorio Conti Pubblici Italiani, Università Cattolica, 2018). spesa pensionistica   Fino al 1992, il sistema ha elargito per decenni agevolazioni di varia natura che si sono concretizzate in età di pensionamento sempre più anticipate (di cui le baby pensioni con 14 anni, 6 mesi ed 1 giorno di contribuzione rappresentano il caso più emblematico), in prestazioni sempre più generose, in deroghe concesse ad interminabili categorie di lavoratori. baby pensioni   Dal governo Amato in poi è iniziata in Italia un’inversione di trend per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche anche se siamo ben lontano dai Paesi più virtuosi.

3 – Gli assegni pensionistici italiani sono i più bassi: FALSO 

In realtà gli assegni sono in linea con l’economia nazionale. In media un lavoratore dipendente riceve un assegno di vecchiaia pari a 703 euro: una cifra oggettivamente bassa. Tuttavia, bisogna distinguere tra il sistema retributivo basato sulla media degli ultimi anni di reddito ed il metodo contributivo basato a sua volta solamente sui contributi effettivamente versati. Il trattamento pensionistico italiano è – in ogni caso – decisamente più generoso rispetto alla media OCSE. Approfondiremo questa importante distinzione in un prossimo articolo.

4 – Le ultime riforme hanno messo al sicuro il sistema pensionistico: VERO E FALSO 

Le più o meno recenti riforme del sistema pensionistico – a partire dal passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivohanno aiutato a migliorare la sostenibilità finanziaria di lungo termine ma non possono far miracoli: l’Italia continuerà ad avere una spesa pensionistica superiore alla media europea. Ad oggi, coloro che hanno più di 64 anni rappresentano il 22,3% della popolazione (erano l’8,2% nel 1951), pari a circa 13,5 milioni di persone e nel 2050 saranno circa 20 milioni. Il sistema previdenziale italiano si basa sul principio della ripartizione dove i contributi versati, che rappresentano dunque una parte del reddito da lavoro, vengono utilizzati per pagare le prestazioni pensionistiche di chi ha ottenuto il diritto a percepire l’assegno INPS. Dobbiamo aggiungere che la quota di reddito versata sotto forma di contributi Inps viene utilizzata anche per la cassa integrazione, pensioni di reversibilità ed altre prestazioni assistenziali. Affinché un sistema a ripartizione sia sostenibile nel tempo, occorre ad esempio che la forza lavoro sia in crescita e che ci siano le prospettive di una popolazione in aumento in grado di garantire l’equilibrio finanziario pagando quanto dovuto a chi invecchia. … A ognuno le proprie considerazioni… Come abbiamo visto sinteticamente le prospettive non sembrano delle migliori; l’allungamento della vita, la bassa natalità e un numero di lavoratori sempre più ristretto su cui contare mettono a dura prova la sostenibilità del sistema pensionistico italiano e la realtà di oggi è che lavoreremo di più per un assegno pensionistico sempre più basso. Ad aprile 2020, Schroders ha commissionato un sondaggio online indipendente su oltre 23.000 investitori di 32 Paesi tra i quali anche l’Italia. I risultati sono stati molto interessanti perché oltre Il 55% dei partecipanti al sondaggio è consapevole che la previdenza pubblica non statale non basterà a consentire loro di vivere una vita dignitosa una volta pensionati. Inoltre, il 25% afferma che accantonare parte del reddito in vista della pensione è di primaria importanza. Questa esigenza accomuna tutte le fasce d’età come chiaramente indicato sotto. investire nella pensione  

Come fare allora a tutelarsi per gli anni della pensione e mantenere il proprio tenore di vita?

Ora più che mai, pianificare la pensione è fondamentale per conoscere le opzioni a disposizione al fine di assicurare un futuro stabile a sé stessi e alle proprie famiglie. Questo vale per tutti ma in particolare modo per i nati a partire dagli anni ‘80, i quali percepiranno una pensione calcolata esclusivamente con il sistema contributivo, che richiederà più anni e una continuità lavorativa che spesso non si ha. Ricordiamo che ognuno di noi è responsabile della gestione del proprio futuro e di conseguenza della propria pensione e assicuriamoci di essere sulla strada giusta perché le scelte che facciamo da giovani avranno un impatto più o meno significativo in età matura. L’argomento è sterminato e settimanalmente cercheremo di approfondire ogni singolo aspetto per una maggiore consapevolezza sul tema previdenziale, argomento che personalmente mi sta molto a cuore ed è sempre più importante per il benessere di ognuno di noi.   Ogni mese scrivo la mia newsletter “Oggi ti parlo di…” che condivido con i miei clienti e con il mio network volta ad analizzare tematiche specifiche al fine di creare spunti di riflessione e confronto e rimanere sempre informati. Se non lo hai ancora fatto iscriviti qui: Oggi ti parlo di…   Rosario Daniele Iemulo