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Finanza comportamentale: bias ed i loro effetti
20/09/2019

“L’amor che move il sole e l’altre stelle”. (Paradiso, XXXIII, v. 145)
Come aveva già capito il Sommo Poeta più di 700 anni or sono, ogni decisione umana, dalla più comune ed apparentemente insignificante alla più complessa e ricca di condizionamenti per il futuro, è mossa da un insieme di istanze che possono essere personali o collettive: le emozioni.
Analizzando l’etimologia del termine emerge già un ritratto preciso del processo che esse attuano sull’uomo: emovere, infatti, in latino vuol dire smuovere, scuotere, trasportar fuori.
In pratica le emozioni sono ciò che ci guida all’azione, ciò che ci condiziona nel prendere delle decisioni.
Esse tuttavia non sono al 100% frutto della nostra interiorità, anzi, sono sempre condizionate da altri fattori, come i propri interessi del momento, i pareri altrui e, al giorno d’oggi, le influenze mediatiche.
Questo mix tra idee proprie e convinzioni radicate a livello sociale può essere fortemente controproducente quando si tratta di prendere decisioni in campo finanziario.
Il motivo risiede nel fatto che la mente umana non è adatta a gestire al meglio i propri risparmi, poiché le emozioni come la paura ed il rimpianto rappresentano delle variabili talvolta ingestibili, che portano gli uomini ad effettuare scelte opposte rispetto a quanto richiederebbe l’efficienza del portafoglio.
In pratica, imparare a gestire i risparmi non è come imparare a suonare uno strumento: è una cosa per cui siamo biologicamente inadeguati.
A questo segue tutta una serie di comportamenti non corretti - i Bias - di cui accenneremo brevemente i caratteri principali.
Per farlo, partiremo da un pensiero del noto analista ed esperto in finanza comportamentale L. Marconi, che afferma: “L’investitore inconsciamente oscilla tra due opposti estremi: la paura e l’avidità. Paura di perdere il proprio denaro e l’avidità del guadagno. Queste due pulsioni, entrambe negative, spingono a comportamenti emotivi errati”.
La paura menzionata da Marconi ci spinge spesso a concentrare i nostri investimenti verso ciò che conosciamo meglio ed è per noi più facile da capire: ossia, verso la nostra nazione e gli immobili in essa edificati. Questo comportamento è definito Home Bias e verrà analizzato in uno dei prossimi post, incentrato sul tema di come gli italiani gestiscono i loro risparmi.
Ma dove affonda le sue radici la paura che ci porta verso questo ed altri Bias?
La risposta è presto detta: nella tendenza che ci spinge a scambiare i pericoli oggettivi con le paure soggettive. Queste ultime sono dettate dalla frequenza con cui i media ne parlano, portandole dentro le nostre case e… dentro le nostre anime. I pericoli, invece, sono definiti in base a quante volte si verificano gli incidenti che li determinano.
Per esprimere meglio questo concetto ci sarà molto utile il grafico a bolle che abbiamo riportato (figura 1): gli uomini hanno infinitamente più paura di un attacco terroristico che di un cancro… Ma quante sono le possibilità di morire in quanto vittime di un attacco terroristico? E, invece, quelle di decedere a causa di un male incurabile?

Ecco, rapportate questo squilibrio emozionale, tra ciò che avvertiamo come pericoloso e ciò che effettivamente lo è, ad ogni aspetto della vita ed otterrete un quadro dettagliato di quanto le emozioni giochino spesso brutti scherzi.
Uno degli effetti più lampanti di queste paure irrazionali ci è, di nuovo fornito, dal rapporto degli italiani con i loro risparmi: sui nostri conti correnti sono parcheggiati, alla mercé dell’inflazione, più di mille e quattrocento miliardi di euro liquidi con rendimenti nulli o negativi.
Queste sono le estreme conseguenze di una serie di comportamenti tipicamente italici, che saranno analizzati nello specifico nel già citato post su come gli italiani gestiscono i loro risparmi e che a breve sarà pubblicato sul blog.
In quest’ottica è fondamentale analizzare la tesi teorizzata da Daniel Kahneman e Amos Tversky nel loro lavoro Prospect Theory: in situazioni di azzardo, ovvero quelle in cui si può sia guadagnare che perdere, le persone sono maggiormente predisposte a mettere l’accento sulle perdite che sui guadagni. Sono, cioè, più addolorate per la perdita di un dollaro che per il guadagno della stessa cifra.
I due studiosi hanno altresì dimostrato che la propensione o l’avversione al rischio sono fortemente influenzate da come le opzioni di scelta vengono presentate alle persone.
Partendo da questi due principi, la finanza comportamentale si occupa di incrociare e analizzare i fattori che intervengono sull’individuo nel momento in cui prende delle scelte in abito finanziario, rilevandone le deviazioni o distorsioni - i Bias - rispetto a ciò che è puramente logico-razionale.
Per capire quale sia la causa di questi comportamenti è necessario fare propri 4 concetti basilari:
1 - Framing: in generale gli esseri umani non valutano le cose per come sono ma per come vengono descritte. In questo processo hanno un ruolo centrale i media. Facciamo un esempio: se affermiamo che il 2% degli italiani possiede il 20% dei beni, sortiremo un effetto completamente diverso di quello che otterremmo dicendo che il 98% degli italiani possiede ne possiede l’80%. Soltanto nel primo caso, infatti, poniamo l’accento sulla disuguaglianza.
2 - Anchoring: spesso è l’esperienza passata - l’àncora, per l’appunto - ad indirizzare le decisioni degli investitori. Il problema di questo comportamento sta nel fatto che nulla ci assicura che gli esiti del passato si verificheranno anche nel futuro, portandoci a commettere errori gravissimi.
3 - Avversione alle perdite: come abbiamo già detto, da un punto di vista emotivo la paura di una perdita finanziaria è più forte della soddisfazione per un guadagno. Queste paure, infatti, sono collegate all’area del cervello deputata a gestire l’anticipazione del dolore: il timore di subire una perdita può indurre a prendere delle scelte nel momento meno indicato, con tutto ciò che ne consegue. Spesso la causa di questi comportamenti è da ricercarsi nella combinazione tra l’asimmetria di perdite e guadagni con avversione alle perdite e l’analisi dello stato del nostro portafoglio su tempi troppo corti. Gli effetti - citando Richard Thaler, premio Nobel per l’economia 2017 - portano alla myopic loss adversion, cioè all’avversione alle perdite accentuata dalla diffusa miopia. In pratica, è la tendenza a guardare le cose troppo da vicino o, più precisamente, troppo spesso nel tempo, senza valutare gli effetti benefici sul lungo periodo.
4 - Effetto gregge: è un fenomeno estremamente diffuso che porta gli individui ad agire in base a quello che stanno facendo gli altri ed è alla radice delle bolle speculative o del panico delle vendite. Questo comportamento è estremamente malsano da un punto di vista finanziario - e non solo… - poiché impedisce una buona diversificazione degli investimenti e induce a comprare a prezzi alti per effetto d’emulazione. Il punto è che di pecore ricche in giro ancora non se ne sono viste… ed è dello stesso parere anche Warren Buffett che, infatti, afferma: “sii dubbioso quando tutti comprano, sii coraggioso quando tutti sono spaventati”.
Spero che questa introduzione alla finanza comportamentale ti sia stata utile per capire quanto la percezione sbagliata della realtà e la mancanza di prospettiva possano essere determinanti in un mondo, come quello della finanza, che fa pagare ogni errore a caro prezzo.
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Alla prossima!