Molto spesso si sceglie di cointestare il conto con il coniuge, i figli o con il nipote, non solo per farsi aiutare nella gestione dei risparmi ma anche come una sorta di pianificazione successoria, al fine di ridurre la massa imponibile della futura eredità.
È una scelta fatta per convenienza che comunque ha delle implicazioni fiscali e delle criticità. In questo articolo vediamo i cinque casi più comuni.
1) ISEE
Nell’ISEE va dichiarato tutto, quindi va dichiarata anche la quota parte del conto in cui si è cointestatatari. Questa dichiarazione contribuisce a fissare soglie oltre le quali non è ammesso l’accesso a determinate agevolazioni o indennità, come nel caso di:
- agevolazioni per servizi di pubblica utilità;
- agevolazioni per le tasse universitarie;
- assegno di maternità;
- assegno per il nucleo familiare;
- asili nido e bonus bebè.
2) Presunzione di comproprietà
In linea generale, per essere comproprietario del conto corrente senza aver versato nulla occorre un vero e proprio contratto di “cessione del credito” (a titolo oneroso) di cui il correntista è titolare.
In un conto cointestato a firme disgiunte, senza contratto di cessione del credito, il patrimonio delle persone cointestatarie si confonde e infatti l’orientamento prevalente della giurisprudenza è quello della presunzione di comproprietà della giacenza per quote uguali del denaro depositato su un conto corrente, salvo diverso accordo.
Questo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21963 del 3 settembre 2019 la quale ammette la prova contraria.
3) Conto intestato alla moglie con delega
La corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 8000 del 22 marzo 2021 ha avallato l’attività di accertamento da parte dell’agenzia della verifica della posizione bancaria del coniuge nel caso esistesse la delega ad operare a favore del marito.
L'Amministrazione finanziaria in base all’art. 32 del Dpr 600/1973 può
accedere anche ai rapporti bancari di familiari o di qualunque persona con la quale il contribuente sottoposto a verifica abbia relazioni tali da consentirgli di operare sul conto corrente.
In particolare, i movimenti in entrata effettuati sul conto corrente della moglie o marito, se non adeguatamente giustificati, possono essere considerati redditi non dichiarati in capo al soggetto titolare della delega. Con il conseguente assoggettamento a tassazione e applicazione di sanzioni e interessi.
In tal caso, in assenza di giustificazioni oggettive
può operare una presunzione di ricavi non dichiarati e al contribuente resta quindi la possibilità di giustificare i risultati delle indagini finanziarie attivando uno degli istituti deflattivi del contenzioso oppure direttamente in fase processuale.
4) Conto cointestato e procedure amministrative o penali di uno dei contestatari
Ci riferiamo a professioni come il medico e gli ultimi dati parlano di circa 300.000 cause pendenti contro i medici. Ma anche l’ Amministratore delegato di un’azienda, oggi, ha le sue criticità. Se una di queste figure decide di cointestare il conto con un famigliare o terza persona e successivamente risultasse debitore a qualunque titolo, potrebbe essere “aggredito” il 50% del conto o addirittura fino al 100% in caso di conteziosi con l’agenzia delle Entrate.
In questi casi è buona cosa stipulare una polizza assicurativa per rischio professionale e tutela legale perché una piccola spesa potrebbe risolvere problemi più grandi.
5) Conto cointestato corrisponde a donazione?
L’esempio più comune è quello di
un genitore che cointesta il conto con uno dei figli.
Nel caso venga a mancare il genitore la metà del patrimonio presente sul conto e sul deposito titoli cointestato va di diritto al figlio cointestatario (svincolo quota parte), senza denuncia di successione e senza dividere il denaro con gli altri eredi.
Infatti
si presume che il de cuius abbia voluto donargli metà dei soldi. Quindi se uno dei due cointestatari muore, l’altro resta proprietario del proprio 50%.
Come abbiamo visto sopra la
Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21963 del 3 settembre 2019 ammette la prova contraria pertanto gli altri eredi possono provare che la cointestazione del conto era volta solamente ad una più semplice gestione del conto, giacenza sul conto corrente ed il dossier titoli fossero di fatto solamente del de cuius. In questo caso si andrebbe a modificare la quota di legittima e delle donazioni effettuate in vita dal de cuius. In questo caso non si parlerà più di donazione.
Un caso molto problematico si presenterebbe
se venisse prematuramente a mancare il figlio o il nipote cointestatario del conto. In questa evenienza,
il patrimonio accantonato dal genitore o dal nonno per mantenere il proprio tenore di vita,
verrebbe bloccato e andrebbe inserito nella massa ereditata del figlio o del nipote venuto a mancare… e se figli o nipoti fossero in procedura di separazione, o soggetti con procedure di fallimento in corso sarebbe un vero guaio.
L’ultima ordinanza della corte di Cassazione n°7862 del 19 marzo 2021 ha precisato che nel caso di un conto cointestato a firme disgiunte, il cointestatario superstite può chiedere l’adempimento dell’intero saldo e l’istituto bancario ha l’obbligo a liquidarlo. In base a questa ordinanza la Banca non solo non potrà opporsi ma allo stesso modo non potrà essere chiamata a rispondere delle somme prelevate dal cointestatario anche se si tratta dell’intero importo. Rimane salva la prova contraria da parte degli altri eredi.
È assolutamente importante conoscere le eventuali criticità che un conto cointestato possa comportare e la tutela del proprio patrimonio passa anche dalla consapevolezza che le fonti di rischio sono molteplici e spesso non conosciute.
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Rosario Daniele Iemulo
Private Banker da oltre vent’anni | San Felice Milano